“Il terzo giorno è risuscitato”

Vi è un brano del Vangelo molto scomodo, e quindi accuratamente evitato da tutti. E’ un passo di Matteo che riporta un evento sorprendente avvenuto il venerdì santo, immediatamente dopo la morte di Gesù: “Le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono, e molti corpi di santi morti risuscitarono” (Mt 27,51-52). Eppure questi versetti ci rivelano una cosa molto importante: la morte di Gesù è già pregna di risurrezione. Quei risorti sono il segno fisico di un evento grandioso ed invisibile che sta avvenendo nel regno dei morti. Il Simbolo degli Apostoli inserisce, dopo la morte di Cristo, un annuncio: “Discese agli inferi”. Il forte grido che Gesù emette sulla croce si trasforma, al momento della sua morte, in grido di gioia di tutti i credenti che nell’oltretomba attendevano la salvezza: la luce del Risorto divampa nelle tenebre e miliardi di anime possono, dopo secoli, finalmente vedere la redenzione; un evento di portata incalcolabile che traboccò in superficie con quei risorti che, “usciti dalle tombe, dopo la risurrezione di Gesù entrarono a Gerusalemme ed apparvero a molti” (Mt 27,53). Segno fisico di un maestoso avvenimento metafisico. L’apostolo Pietro amò ricordare nelle sue lettere la discesa agli inferi di Gesù: “Messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito, andò, in spirito, ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione” (1Pt 3,19; cfr 1Pt 4,6). Se ne parla anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “La discesa agli inferi è il pieno compimento dell’annunzio evangelico della salvezza” (CCC 634). E si legge: “Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù è risuscitato dai morti (At 3,15; Rm 8,11; 1Cor 11,20) presuppongono che, preliminarmente alla Risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti. E’ il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri” (CCC 632). Cristo ha infatti “potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1,18), e come fase finale della sua missione si riapproprierà egli stesso del suo corpo “al fine di essere lui stesso, nella sua Persona, il punto d’incontro della morte e della vita, arrestando in sé la decomposizione della natura causata dalla morte e divenendo lui stesso principio di riunione per le parti separate” (San Gregorio di Nissa).

E’ difficile accostarsi ad un mistero così alto come quello della Risurrezione di Cristo; il tesoro che essa racchiude è inesauribile. Si tratta dell’avvenimento su cui si fonda non solo la fede, ma la nostra stessa vita. Per questo lo scegliemmo come primo argomento da affrontare in questa rubrica (Il Timone N. 1, articolo reperibile in www.ilprofetadelvento.it/risurrezione.html). E non ci siamo mai stancati di ricordare che la Risurrezione fu un evento sia fisico sia metafisico. L’errore più comune è ridurla ad uno solo dei due aspetti. E’ sbagliato sia considerarla come un fatto di natura solo spirituale, privo di fisicità e di storicità, e sia limitarsi all’aspetto storico-fisico. Il centro della teologia della Risurrezione non è certo il “sepolcro vuoto”, ma il Cristo Risorto che si lascia incontrare anche ai nostri sensi, come raccontano dettagliatamente i testimoni oculari, che narrano con grande concretezza le loro esperienze, riportate da tutti e quattro gli evangelisti con particolare cura. E pertanto chi vuole occuparsi di teologia non deve cedere alla tentazione di sminuire il fatto per adattarlo meglio alla nostra ragione, come fecero gli apostoli quando, al primo incontro col Risorto, respingono l’evidenza della sua fisicità preferendo pensarlo un fantasma (Lc 24,37). Nel Vangelo il Risorto ci tiene a far riconoscere la sua corporeità, stabilendo con i testimoni rapporti diretti, a volte attraverso un contatto fisico (Lc 24,39; Gv 20,27), altre attraverso la condivisione di un pasto (Lc 24,30.41-43; Gv 21,9.13-15). E’ per questo che il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Davanti a queste testimonianze è impossibile interpretare la Risurrezione di Cristo al di fuori dell’ordine fisico e non riconoscerla come un avvenimento storico” (CCC 643). E pertanto la Chiesa considera la Risurrezione “un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate” (CCC 639), un “avvenimento storico constatabile” attraverso i segni (CCC 647). Al tempo stesso però non possiamo ridurre la risurrezione di Cristo alla semplice dimensione fisica. Il Catechismo la definisce un avvenimento sia storico sia trascendente (CCC 639), un avvenimento ben diverso dalle altre resurrezioni umane che leggiamo nel testo sacro. E’ una risurrezione che risorge me; che provoca alla mia anima lo stesso effetto che provocò ai credenti degli inferi; che spezza le mie rocce interiori e dischiude il sepolcro in cui m’imprigiona il peccato; che m’irradia di luce redentiva, e nella gioia conduce anche me, verso la Città santa, assieme a tutti i risorti.

Approfondimento sulla Risurrezione