La preghiera nella Nuova Alleanza

La prima preghiera che compare nel Nuovo Testamento è il Magnificat. In questo stupendo inno Maria fa memoria dell’Antica Alleanza, durante la quale, come promesso “ad Abramo ed alla sua discendenza”, Dio ha mostrato la sua misericordia “di generazione in generazione”. La sua preghiera inaugura inoltre la “pienezza del tempo”, la nuova alleanza in cui l’Onnipotente realizza “grandi cose”, proprio attraverso Lei, “perché ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,46-55). E le labbra di Maria si dischiudono, tra l’altro, alla prima profezia del Nuovo Testamento, che effettivamente si realizzò: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”.

La seconda preghiera che il Vangelo ci rivela è il Benedictus, in cui Zaccaria, padre di Giovanni il Battista, riprende le antiche promesse e profezie per ricordare anch’egli le misericordie del Signore, ed annunciare quella “salvezza potente” tramite la quale Dio vuole “redento il suo popolo”, visitandolo dall’alto con la venuta di Cristo, “sole che sorge” (Lc 1,67-79). La venuta di Giovanni il Precursore, ultimo dei profeti dell’antica alleanza ma già anello di congiunzione con la nuova, tanto da essere “chiamato profeta dell’Altissimo”, è, in realtà, già il frutto di una preghiera esaudita (Lc 1,13).

Nel Nuovo Testamento anche gli Angeli sono maestri di preghiera, come quando, salutando la Vergine, regalano alla cristianità le prime parole dell’Ave Maria (Lc 1,28), o come quando, alla nascita del divino Bambino, celebrano la sua gloria: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14).

Maria educherà suo figlio alla preghiera, con la fedeltà di tutte le donne ebree, ma con l’aggiunta di quel mistero con cui “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,51). Così Gesù “ha imparato a pregare secondo il suo cuore d’uomo. Lo apprende da sua madre… Lo apprende nelle parole e nei ritmi della preghiera del suo popolo, nella sinagoga di Nazaret e al Tempio”; ma da lui scaturisce “la novità della preghiera nella pienezza dei tempi: la preghiera filiale” (CCC 2599). Ed ogni volta, prima dei momenti decisivi della sua missione, Gesù prega il Padre: lo fa prima della discesa dello Spirito Santo al suo Battesimo (Lc 3,21), prima di scegliere e chiamare i Dodici (Lc 6,12), prima della sua Trasfigurazione (Lc 9,28), prima della sua Passione (Lc 22,41-44). Spesso Gesù si ritira a pregare in luoghi deserti, o sui monti, o di notte. Ma nel farlo “Egli porta gli uomini nella sua preghiera, poiché ha pienamente assunto l’umanità nella sua Incarnazione, e li offre al Padre offrendo se stesso” (CCC 2602). Le preghiere di Gesù cominciano spesso col rendimento di grazie (cfr Lc 10,21-22; Gv 11,41-42), insegnando così anche a noi che la preghiera è innanzitutto ringraziamento. Non è infatti facile capire, senza aiuti divini, quale sia il modo corretto di pregare. Anche i discepoli stessi di Gesù se ne accorsero, tanto da chiedergli: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1). Eppure già conoscevano tutti i modi della preghiera secondo l’Antica Alleanza. Ma ora anche la preghiera doveva compiere un balzo; ed è in quell’occasione che Gesù ci lascia in dono il sublime modello del Padre Nostro, per tanti secoli ed ancora oggi immagine perfetta della preghiera cristiana. “Fin dal Discorso della Montagna, Gesù insiste sulla conversione del cuore: la riconciliazione con il fratello prima di presentare un’offerta all’altare (Mt 5,23-24), l’amore per i nemici e la preghiera per i persecutori (Mt 5,44-45), la preghiera al Padre «nel segreto» (Mt 6,6), senza sprecare molte parole (Mt 6,7), il perdono dal profondo del cuore nella preghiera (Mt 6,14-15), la purezza di cuore e la ricerca del Regno (Mt 6,21.25.33). Tale conversione è tutta orientata al Padre: è filiale” (CCC 2608). San Paolo scrive che Gesù “nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime” (Eb 5,7). Perfino sulla croce Cristo è colto in preghiera. E tramite quella croce la preghiera di Gesù diventa preghiera a Gesù. Ai suoi discepoli aveva infatti confidato il mistero della preghiera al Padre, svelando il segreto della potenza orante quando questa era presentata nel suo Nome: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome; chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,24). Cristo promette di ottenere a chi cerca e bussa, e può farlo perché egli stesso è la porta e il cammino. Egli non è quindi solo maestro di preghiera, ma via della stessa. E’ attraverso di lui che le preghiere vengono offerte, ascoltate, realizzate. Ci invita a questa audacia filiale in molte affermazioni: “Se chiederete qualcosa al Padre mio nel mio nome, egli ve la darà” (Gv 16,23); “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo otterrete” (Mt 21,22); “Chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Gv 15,7); “Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò” (Gv 14,13); “Tutto è possibile per chi crede” (Mc 9,23). L’evangelista Luca ci tramanda tre importanti parabole sulla preghiera: quella dell’amico importuno (Lc 11,5-13), che esorta alla preghiera fatta con insistenza; quella della vedova importuna (Lc 18,1-8), che ci educa alla preghiera paziente e instancabile; quella del fariseo e il pubblicano (Lc 18,9-14), che ci insegna l’umiltà e la sincerità del cuore durante la preghiera. L’evangelista Giovanni ci regala invece la più lunga e solenne preghiera di Gesù: viene chiamata la preghiera sacerdotale, e rappresenta il “testamento spirituale” di Gesù, che in quest’intensa orazione ci consegna in eredità il suo cuore, erigendo la più alta testimonianza d’amore nella storia. Un intero capitolo, Giovanni 17, che basterebbe da solo a manifestare la grandezza di Cristo; una serie di parole sublimi che come dardi arrivano direttamente al cuore, portando il lettore ad un’unica conclusione “Davvero costui era il Figlio di Dio”. Nessun altro uomo, nei secoli, ha detto parole come quelle, che restano scolpite per sempre come manifestazione insuperata della nobiltà dello spirito. Se vi si accosta con cuore sincero, è impossibile leggerle senza convertirsi.