LIBERTA’ E LIBERO ARBITRIO

Che differenza c’è fra la libertà e il libero arbitrio? Il libero arbitrio è la facoltà, innata nell’io, di decidere di fare una cosa oppure un’altra. Generalmente è un dono che possediamo tutti. Generalmente: perché non tutti lo possiedono, o perlomeno non tutti lo possiedono in tutti i momenti della loro esistenza. Per esempio, non c’è libero arbitrio quando non c’è consapevolezza di sé, padronanza delle proprie decisioni. Ma nella nostra vita è il libero arbitrio che usualmente ha il potere di farci intraprendere una strada anziché un’altra, di scegliere un’azione piuttosto che un’altra. La libertà è invece una conquista, una meta da raggiungere, uno stato d’essere nel quale, pur possedendo il libero arbitrio, non sempre abitiamo. Lo sappiamo da Gesù, che insegnava ai suoi discepoli: “Conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi” (Gv 8,32). L’uomo è dunque libero solo nella verità. E’ libero nella misura in cui si avvicina alla verità, la conosce, la fa sua. Per molti, tutta la libertà posseduta si restringe alla sola capacità di decidere, al libero arbitrio, appunto. Ma la libertà umana si raggiunge e si dilata solo se, parallelamente, si raggiunge e si dilata la conoscenza. Dalle cose più piccole (non sono libero di scegliere una facoltà universitaria di cui non sono a conoscenza), alle cose più grandi (non posso seguire una religione che non conosco). Il vero fondamento della libertà è dunque la conoscenza; meglio ancora: la conoscenza della Verità. Il potere del libero arbitrio consiste appunto nel decidere se vogliamo muoverci verso la verità oppure no, se vogliamo liberarci oppure no. E’ l’io che possiede il potere di questa decisione, ma l’io non possiede un potere liberante: è la verità che lo possiede. La teologia morale, alla luce della rivelazione cristiana, ci consegna pertanto un dato importantissimo: occorre l’incontro con la verità per essere pienamente liberi. E ce ne consegna anche un altro altrettanto prezioso: la verità è Dio (“Io sono la via, la verità, la vita”, Gv 14,6). In questo caso conoscere è ben più di sapere: è entrare in relazione, entrare nella redenzione. Ecco perché la pienezza della libertà è una meta da raggiungere. Da raggiungere attraverso una via che però ci è manifestata. In tutto questo, il libero arbitrio non è per nulla svalutato: senza di esso non potremmo scegliere di muoverci verso la libertà. Al di là dei suoi limiti (non sempre c’è piena avvertenza, non sempre c’è deliberato consenso), il libero arbitrio è quello che ci conferisce realmente una dimensione morale, una capacità di scegliere tra il bene e il male. Se è vero che la libertà progredisce con il progredire della conoscenza della verità, è anche vero che la scelta direzionale c’è fin dall’inizio, perché anche chi non conoscesse per nulla la verità, può benissimo decidere di mettersi a cercarla. Tutti sono anzi chiamati all’incontro con la verità. Non c’è una predestinazione in tal senso, come erroneamente sosteneva Calvino. “Gli uomini” così scriveva “non sono stati creati tutti allo stesso modo, ma per gli uni è stata predisposta la vita eterna e per gli altri l’eterna dannazione” (Corpus reformatorum). Se il destino è già stabilito, non solo non esiste la libertà, ma nemmeno il libero arbitrio. Non avrebbe più nemmeno senso la dottrina sui meriti come non avrebbero senso i comandamenti. Né avrebbe senso la predicazione di Gesù. Taluni confondono la prescienza di Dio (la sua capacità di conoscere il futuro), con la predestinazione, sostenendo: se Dio sa il futuro, vuol dire che lo ha già predisposto. Ma il libero arbitrio non è minimamente intaccato dalla conoscenza divina delle nostre future scelte: in sostanza Dio conosce sì il futuro, non essendo soggetto al tempo e vivendo al di fuori del tempo (che pure è sua creatura), ma conosce ciò che noi liberamente faremo. Se vedo una biglia che cade, so che urterà il pavimento, ma non è certo questo mio sapere a determinare l’urto sul pavimento. La mia è una pre-visione, mentre quella di Dio, che è al di fuori del tempo, una visione, una visione ab aeterno. Tuttavia né la previsione umana del fatto, né la privilegiata visione divina dello stesso, determinano quel fatto. La biglia non ha una volontà, ma le cose non cambiano se ad essere visto è invece un atto libero. In tal caso verrebbe forse a mancare la previsione umana, ma non la visione extratemporale di Dio. Visione che però non determina quel fatto, non rende meno libera quella scelta. Per i protestanti calvinisti la prescienza di Dio comporta automaticamente la predestinazione: il libero arbitrio viene quindi di fatto annullato; in sostanza, l’uomo stesso risulta annullato. Paradossalmente, sarebbe proprio l’esistenza di un Dio onnisciente a neutralizzare la libertà. Per la Chiesa cattolica, invece, è proprio l’esistenza di Dio il fondamento della libertà: Dio è colui che ci ama fino permettere l’errore, ma è anche la verità che si protende verso il nostro sì per liberarci.

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